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"Ho pensato che la parte di mondo e di tempo che ci è toccato di vivere è definita da una cesura, uno spartiacque: il terremoto del 1980. Come in tutti gli eventi straordinari, c'è un "prima" e un "dopo". Fra i due elementi c'è relazione, certo, ma c'è quel "prima" irripetibile, destinato ad essere confinato nel ricordo. I luoghi sono mutati: le piazze, le vie, le case che ci videro muovere i primi passi, balbettare le prime parole, canticchiare le prime canzoni, esultare per le reti di Gigi Riva, turbarci per i primi amori; tutto è radicalmente diverso. Frutto non di un normale processo di cambiamento, ma di un'imposizione violenta: una ferita sanguinante rimarginata esteriormente ma suppurata all'interno. Sono mutati i tempi, le relazioni, le modalità di comunicazione. Sono altre però soprattutto le persone che popolavano un universo lontano e insieme i suoi colori, i suoi odori, le situazioni. Quel mondo di prima è andato irrimediabilmente perduto, senza che siano rimaste nemmeno le pietre a ricordarcelo". (Dall'introduzione).